TUTTO CAMBIA NEL MONDO CHE VERRA’


Cambia il velo che sta sopra
cambia quello che è profondo
cambia il modo di pensare
tutto cambia in questo mondo.

Cambia il tempo di anno in anno
e il pastore cambia il gregge
e siccome tutto cambia
che io cambi non sia strano.

Cambia riflesso ogni brillante
quando va di mano in mano
e il passerotto cambia il nido
cambia il sogno di un amante.

Cambia direzione il camminante
anche se questo lo addolora
e siccome tutto cambia
che io cambi non sia strano.

Cambia tutto cambia
cambia tutto cambia…

Cambia il sole quando gira
nel silenzio della sera
e ogni albero si veste
di verde a primavera.

Cambia il manto della fiera
e l’anziano i suoi capelli
e siccome tutto cambia
che io cambi non sia strano.

Ma non cambia il mio amore
e per quanto io vada lontano
non dimentico il dolore
la mia terra e la mia gente.

Domani dovrà cambiare
quel che è già cambiato ieri
e così in questa terra lontana
io continuo… a cambiare

Qual è il mondo che verrà? In fondo è questa la domanda che attraversa e innerva il nostro Festival e, a ben vedere, anche la nostra vita. Se è vero che tutto cambia, come dice il titolo dell’omonima canzone, allora sarà difficile e forse impossibile fornire una risposta. Se a cambiare fosse tutto, ma proprio tutto ciò che ci costituisce e circonda, potremmo confidare solo in una sfera di cristallo. Invece, Julio Numhauser, l’autore cileno, al termine del componimento ci dà un’indicazione fondamentale. Ci dice che però, in fondo, c’è qualcosa che non cambia: l’amore, la memoria, il desiderio. C’è un fondo comune a tutti gli uomini, di tutti i tempi e tutte le latitudini, dal quale partire per leggere il cambiamento quotidiano, per interpretare il futuro. Perché, quest’ultimo, viene da ciò che vediamo se ci giriamo indietro, da ciò che abbiamo alle spalle. E quindi non lo dobbiamo cercare nelle avanguardie; le avanguardie sono innovative, rispondono solo ai bisogni, sono come i capelli che cadono o che imbiancano: tutte cose che si esprimono al plurale, il vecchio subito sostituito dal nuovo.

Il futuro, invece, arriva dalla memoria e dal dolore, dall’amore e dal desiderio: tutte cose che vengono da dietro e si possono solo esprimere al singolare, perché eterne. “Io sono una forza del Passato. / Solo nella tradizione è il mio amore”, recita una intensa poesia di Pier Paolo Pasolini. A guardare bene nel cuore di ognuno, si possono scorgere le macerie delle direzioni cambiate e delle sere silenziose ma anche l’innocenza della terra lontana e generosa, abitata da anonimi compagni, che talvolta ci fa sputare dal corpo una parola di speranza.

Traduzione della canzone e testo originale successivo di
Lucilio Santoni